giovedì, febbraio 24, 2005

JEAN-PIERRE MELVILLE E IL SUO CINEMA NOIR

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"Un film è fatto di una combinazione paritaria di elementi: 50% di regia, 50% di fotografia, 50% di sceneggiatura, 50% di scenografia, 50% di interpretazione, 50% di musica, 50% montaggio e 50% di promozione.
Se sbagli una sola parte, sbagli mezzo film...."
Jean-Pierre Melville

Il cinema di Jean-Pierre Melville è citato da registi di ogni parte del mondo. Di Leo, Lenzi, John Woo, Kitano, Michael Mann e altri ancora, hanno trovato ispirazione nel tipo di personaggio che il regista francese ha saputo creare nella finzione cinematografica. Lo stesso tipo di personaggio che sembra essere nella vita…
Per capire ed apprezzare a fondo il cinema di Melville è importante conoscere l’uomo, che ha saputo meglio di altri "manipolare" i media per rendersi credibile in prima persona ancor prima di farlo con i suoi film. Il cineasta francese ha tutto di una persona fuori dal comune, a cominciare dal look: occhiali Ray-Ban (anche di notte), trench-coat americano, cappello da cow-boy… Sempre a bordo di una Ford Mustang con mangianastri con il quale ascolta musica jazz, è un nottambulo incallito e sembra conoscere la Parigi notturna e il "milieu" come le sue tasche. Ama definirsi "il più americano dei registi francesi", è affascinato in modo fanciullesco da tutto ciò che è americano a cominciare ovviamente dal cinema noir. Anche il milieu parigino lo affascina in modo maniacale e gli piace far credere di conoscerlo bene. Ma tutto questo è un’apparenza: Lino Ventura, durante un chiarimento col regista, un giorno gli chiede di togliere occhiali e cappello perché "sembra un pagliaccio" e perché vuol parlare "da uomo a uomo", è irritato dal suo aspetto evasivo….Melville risponde: "non posso stare senza occhiali e cappello, sono troppo brutto...". Dietro la facciata da cow-boy urbano si cela quindi un uomo assolutamente schivo, insicuro, tristemente ordinario. Troppo ordinario. Tuttavia i suoi gusti ricercati e la sua sensibilità glaciale sopperiscono alle lacune del suo vissuto, alla conoscenza esterna e superficiale di un mondo, quello dell’illegalità, che dovrà per forza di cose re-interpretare a modo suo. Sarà la sua fortuna... Ossessionato dalla solitudine e apparentemente freddo e distaccato, darà ai suoi personaggi sfumature proprie a se stesso. In qualche modo, l’alchimia è perfetta e il gangster Melviliano, taciturno, misterioso, solitario, e assolutamente insensibile alla fatalità del destino che sembra accettare senza battere ciglio, fa breccia nell’immaginario cinematografico quanto il pistolero dei western di Leone, il samurai di Kurosawa, lo sbirro senza compromessi del nostro poliziottesco o il mafioso di Scorsese.
Cresciuto in un elite di "malati di cinema" (come lui stesso ama definirli), composta tra gli altri da gente del calibro di Jacques Becker (Il buco, Rififi), Jean-Luc Godard, François Truffaut, Robert Bresson e ben altri ancora, Jean-Pierre Grumbach si cambia da solo il cognome in "Melville" rubandolo al suo scrittore preferito, Hermann Melville. (Autore dal quale eredita i temi fondamentali: la solitudine dell’uomo che non condivide i valori di una società dalla quale si auto-emargina, e il destino fatale che dovrà inevitabilmente affrontare.)
Un cenno veloce anche alla figura femminile. Difficile trovarne una donna banale nei suoi film, sia (soprattutto) a livello estetico, sia a livello dei personaggi che esse interpretano. Eppure prima di trovarne una banale è già difficile trovarne una…(questo per quanto riguarda i suoi noir). Le donne "Melviliane" si dividono essenzialmente in due gruppi, quelle che prendono parte alle vicende criminali e che, pur mantenendo intatto il fascino della loro femminilità, si comportano come uomini, e le altre che sono unicamente oggetti ornamentali e illusori, che sembrano nascondere con la loro bellezza complessa ed intrigante un vuoto spirituale (non paragonabile al vuoto/introspezione dei personaggi maschili) ma che non sono mai risolti, lasciando quindi sempre un fondo di ambiguità. I personaggi femminili hanno tuttavia una parte sempre minore coll’andare avanti degli anni (e dei film), una scarsa considerazione che gli vale una reputazione di misogine e maschilista. In realtà nei pochi ruoli femminili dei suoi noir, troviamo sfumature sempre importanti e proprie del regista, ma poco sviluppate.
Il debutto cinematografico di Melville avviene con "Il silenzio del mare" nel 1947, in seguito realizzerà alcuni film quasi tutti di ispirazione teatrale prima di arrivare al noir, genere nel quale saprà imporre definitivamente un proprio stile, solo nel 1955 con "Bob il giocatore".
Nel prossimo post una panoramica sui cinque noir maggiori di Jean-Pierre Melville.
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