giovedì, dicembre 27, 2007

L'ABOMINEVOLE Dr.PHIBES e OSCAR INSANGUINATO (Theater of blood) - OVVERO - IL GRANDE VINCENT PRICE IN DUE PELLICOLE BIZZARRE E ASSOLUTAMENTE GRANDIOSE...
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Chi ama l'horror non può prescindere dalla classe del grande Price. Interprete di un numero impressionante di films, il nostro nasce come attore teatrale appassionato e grande conoscitore dell'Opera di Shakespeare. Ma quando inizia a recitare in films horror che hanno successo al botteghino (coincidenza !?!?), i produttori non ne vogliono più sapere, e a Price non rimane altra scelta se non quella di continuare a recitare quasi esclusivamente in pellicole dalle più disparate trame orrorrifiche....un compromesso che avrebbe ucciso artisticamente anche il caratterista più navigato dopo pochi anni, eppure, senza battere ciglio, Price lavora al ritmo vertiginoso di due-tre films l'anno, rallentando e scegliendo con più parsimonia le sue apparizioni man mano che gli anni avanzano. L'abominevole Dr.Phibes (Robert Fuest-1971) e Oscar insanguinato (Titolo originale "Theater of blood", Douglas Hickox-1973) sono sicuramente la prova di come la sua forza d'attore sia stata capace di infondere a pellicole bizzarre, fondamentalmente di puro intrattenimento (anche se realizzate indubbiamente con grande mestiere) un'impronta originalissima in cui si mescolano le doti migliori di Price: un'impostazione teatrale solida, una presenza fisica inquietante, un gusto unico per l'Humour nero e un fascino morboso ed accattivante dal retrogusto squisitamente ambiguo... L'abominevole dr.Phibes getta le basi per tutta una nuova generazione di thriller a sfondo mistico, ma la trama per quanto accattivante fa acqua da troppe parti, il film funziona sopratutto grazie a scenografie fantastiche tutte in stile liberty e art-decò ma riviste in chiave gotica e, neanche a dirlo, ad un grande Price nei panni di un bizzarro musicista, dall'aspetto cadaverico, vestito di una mantella di velluto nero che si versa lo champagne direttamente in gola attraverso un foro sul collo...(è sopravissuto ad un terribile incidente stradale). Non solo il grande Vincent riesce a dare sfumature impensabili ad un personaggio semi-muto (parla poco e attraverso un grammofono che amplifica le vibrazioni delle sue corde vocali devastate) ma riesce a renderlo commovente in alcune sequenze difficilmente dimenticabili: -Quando davanti alla foto delle defunta moglie (morta a seguito dello stesso incidente nel quale è stato egli stesso coinvolto) prima giura eterno amore e devozione, e poi in un crescendo drammatico giura vendetta nei confronti dell'equipe medica che ritiene essere la vera causa del decesso. -Praticamente tutte le scene degli omicidi, ognuno dei quali è ispirato alle 10 piaghe d'egitto. -Il finalone in cui Phibes scopre il suo volto orribilmente sfigurato e che lo vedrà raggiungere la sua amata in una bara foderata di velluto, seta rossa e specchi verso l'aldilà...una sequenza quest'ultima che tocca vette di romanticismo morboso altissime (direi da pelle d'oca..!!). In definitiva una grande prova di Price, che riesce a spiccare perfino nella sua galleria di personaggi folli e sinistri.
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Con Oscar insanguinato si ripete praticamente lo stesso plot del film precedente, una pluri-vendetta strutturata alla dieci piccoli indiani in cui ognuna delle morti ha una sua macabra ritualità. Questa volta però il protagonista è un interprete di teatro Shakespeariano (una coincidenza ?!??!) che umiliato da un'equipe di critici che lo massacra senza ritegno (tranne poi lodarlo quando lo vedono di persona..) decide di punire in modo inesorabile l'ipocrisia e la falsità. Inutile precisare che ogni morte sarà messa in scena ricalcando le più celebri morti delle opere Shakespeariane... Meno compatto del suo predecessore, con qualche scivolone verso la commedia nera e diciamolo, con qualche caduta di tono, il film regge ancora una volta grazie all'infinita eleganza di Price che ha voluto fortemente il film. (ne amava il plot che gli dava occasione di rispolverare il suo repertorio classico in chiave orrorrifica...) Diverse le sequenze culto, quasi tutte quelle in cui il nostro vendicatore interpreta i più disparati eroi del teatro elisabettiano prima di uccidere i suoi odiati nemici. Una su tutte quella assolutamente magistrale del suo suicidio. (egli inscena un finto suicidio per poter poi meglio terrorizzare le vittime riapparendo prima della loro esecuzione.) Durante il ritrovo annuale dei critici Price si presenta lasciando tutti senza parole...egli si prende la statuetta-premio per il miglior attore dell'anno (negatali durante l'ultima premiazione) e tenendosela ben stretta esce sul lungo terrazzo dove dà vita al celebre monologo di Amleto..."essere o non essere, questo è il problema". La scena è girata in modo sapiente, Price, afflitto e tremendamente ferito, recita con un'enfasi contenuta ma con una carica drammatica a metà strada tra l'amarezza del genio incompreso e la follia dell'attore malato di egocentrismo, lui cammina sul terrazzo e la scena è ripresa dall'interno eppure la sua voce si sente in primo piano...il coinvolgimento è totale e alla fine del pezzo si lancia dal terrazzo... Rimane poco da aggiungere. Chi non ha visto i suddetti films lo faccia, chi li ha visti si ripassi queste perle e l'immensa bravura del suo compianto protagonista...."can you dig it ?!??! AHAHHAHAH"
Laurent MARCOLIVIO

lunedì, novembre 19, 2007

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BOB LE FLAMBEUR (Bob il giocatore-1955):Primo film del regista francese ad affrontare temi classici del cinema noir. Rispetto alle seguenti pellicole ha toni più smorzati e una maggiore propensione alla cura dei dialoghi e della descrizione ambientale, ma nonostante il film risenta di uno stile “Nouvelle vague” che di certo non gli grava, il plot è quanto di più Melviliano…
Bob, ex-criminale e giocatore d’azzardo incallito, passa il suo tempo a perdere al gioco, tenere a distanza gli sbirri che lo vorrebbero come informatore e tenere a bada il giovane e irrequieto Paulo, che considera un po’ come un figlio. Apparentemente disfattista e incurante degli innumerevoli debiti di gioco, dopo l’incontro con una giovane ragazza dai costumi facili (che presenta immediatamente a Paulo senza approfittare di lei) il destino di Bob sembra arrivare ad una svolta: decide infatti di rapinare il casinò di Deauville per far fronte ai debitori sempre più insistenti. Messa su un’equipe di scassinatori tra cui anche il giovane amico, Bob prepara minuziosamente il colpo. La sera della rapina all’orario previsto per l’azione Bob è seduto al tavolo del casinò e vince…. Divorato dal demone del gioco quando si accorgerà dell’ora sarà troppo tardi, ma i soldi vinti equivalgono grosso modo alla somma che avevano previsto di trovare in cassa….Quando Bob lascia il tavolo la banda si ritrova in una trappola tesa da una banda rivale che voleva mettere le mani sul bottino. Accorre anche la Polizia: il giovane Paulo morirà, i soldi non andranno persi ma Bob si farà arrestare…
Realizzato con un budget ridicolo, il film regge alla grande nonostante un finale che se sulla carta non fa una grinza sullo schermo pecca pesantemente di polso. Indimenticabile il personaggio di Bob, malavitoso romantico posseduto dal gioco per il quale vincere o perdere, vivere o morire non sono altro che “dettagli senza importanza di un destino capriccioso”. Melville dipinge i quartieri notturni parigini di Montmartre e Pigalle cristallizzando un’epoca, quella dell’immediato dopoguerra, dove polizia, malavita nuova e vecchia non avevano ancora riacquistato i propri spazi della città.


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LE DEUXIEME SOUFFLE (Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide-1966):
Forse il capolavoro assoluto di Melville, in ogni caso dei suoi film in bianco e nero, è il più riuscito. La sceneggiatura del grande Josè Giovanni (che adatta un suo stesso romanzo) è al tempo stesso un’opera Melviliana e un manifesto di tutti i temi e situazioni classiche del cinema noir.
Gu (Gustave Minda) evade dal carcere e torna a Parigi dove la sua ex-amante Manouche, lo aiuta nella sua latitanza.
Nel locale di quest’ultima si è appena consumato un regolamento di conti senza vincitori (moriranno in due) e l’ispettore Blot che si occupa del caso sospetta in qualche modo che Manouche sappia dove si trova Gu, che la sera in cui arriva a Parigi fredda due rapinatori di mezza tacca a casa della donna, mandati come sgarro da Jo Ricci fratello di Paul Ricci socio di uno dei defunti nel regolamento. Situazione complessa ma che si placa immediatamente, Gu si rifugia in un appartamento della periferia parigina, e Manouche tiene tutto sotto controllo. Una volta calmate le acque Gu parte per Marsiglia, da dove intende espatriare definitivamente in Italia su una barca. Per recuperare mezzi e documenti, gli fa da tramite Orloff, un vecchio amico di Manouche e gangster solitario che ha appena rifiutato di partecipare ad un colpo molto rischioso ma anche molto ben pagato. Orloff senza mai avere a che fare direttamente con Gu (del quale non vuole sapere niente in modo da non comprometterlo…) gli gira la proposta. Gu accetta immediatamente quando viene a sapere che a organizzare il tutto è Paul Ricci che conosce e stima nonostante il fratello Jo gli sia nemico giurato. Il colpo consiste in un’assalto ad un mezzo blindato che trasporta oro in lingotti. Gu dovrà uccidere una scorta in motocicletta….tutto funziona a meraviglia (la sequenza dell’assalto è da antologia…) ma per una coincidenza fortuita Gu verrà localizzato e messo in una trappola diabolica da parte della polizia che a Marsiglia gioca molto sporco. Su tutti i giornali viene data la notizia che Gu ha “cantato” (in realtà è stato aggirato con una messinscena micidiale della polizia che usa mezzi illegali..). Gu riuscirà ad evadere nuovamente ma chiarire la sua posizione con i complici sarà impossibile nonostante le mediazioni di Orloff. L’incontro tra Gu e gli altri autori del colpo sarà la fine di tutti…ma l’ispettore Blot, che in qualche modo stimava Gu e che forse ama Manouche, farà in modo che anche da morto, la sua immagine nel mondo della malavita sia riabilitata.
Trama complessa ma perfetta in ogni dettaglio, cast colossale con Lino Ventura nei panni di Gu, Raymond Pellegrin, Marcel Bozzuffi, Paul Meurisse, bellissima fotografia in bianco e nero, dialoghi straordinari e un finale secco e amaro:
Tutte le ore feriscono…è una vera perla del genere noir, un film al quale si riesce difficilmente a trovare pecche.
Per girarlo senza fare tagli alla sceneggiatura come chiesto dai produttori, Melville sospese addirittura le riprese per due mesi, minacciando di mollare tutto piuttosto che di accettare compromessi con la produzione.